• Gli gnomi e le loro storie tra racconti e mitologia

    Storie di piccoli ometti saggi e ingegnosi: gli gnomi

    Nell’immaginario di tutti, gli gnomi sono degli omini piccoli e buoni, con la barba lunga e spesso un cappello a punta rosso, vestiti con una casacca, portano una grande cintura e degli stivali da montagna. Lunghe trecce annodate con dei fiocchi colorati sono tipiche della versione femminile degli gnomi. La figura mitologica dei nani deriva dalla fantasia di Paracelso, un alchimista di epoca medievale. Fu lui che, per la prima volta, alla fine del 1400 parlò di “gnomi” facendo derivare il nome dall’etimo greco “gnosis”, che vuol dire conoscenza. Per Paracelso gli gnomi erano creature ctonie, cioè creature mitologiche che vivevano nel sottosuolo ed erano in qualche modo collegati con la vita terrestre o sotterranea. La rappresentazione fisica degli gnomi, spesso definiti anche folletti, come degli esseri umani piccoli, barbuti, talvolta buffi o, al contrario, burberi, deriva dall’evoluzione che si ritrova nella letteratura del Nord Europa, e nella letteratura fantasy. Elfi, gnomi, fate, folletti, troll: sono figure simili, spesso erroneamente confuse tra loro, che richiamano un forte legame con la natura, la terra e i boschi. Mediamente operosi, ingegnosi e particolarmente intelligenti e capaci. Curano gli animali della foresta, conoscono alla perfezione l’utilizzo e le funzioni delle erbe che regala la natura, sapendo ricavare da esse unguenti e medicinali portentosi. A seconda dell’origine geografica dell’autore che ne parla, sono descritti con accezioni caratteriali positive e talvolta anche negative. Ma avete mai provato a chiedere ad un bambino? Sicuramente vi risponderà parlando di personaggi buoni e di compagnia.

    Racconti di gnomi nella letteratura europea

    Ogni paese e ogni zona dell’Europa racconta gli gnomi con caratteristiche diverse. Ad esempio, secondo la tradizione Irlandese, i “Leprechaun”, che è il modo in cui chiamano queste simpatiche creature, camminano per i boschi, portando con sè sempre una bisaccia. E si tratta di una bisaccia magica: essa infatti contiene uno scellino (oggi si dovrebbe dire un euro). Ogni volta che viene spesa la moneta, magicamente se ne ritrova un’altra sempre nella stessa borsa a tracolla. Nella cultura germanica sono principalmente i fratelli Grimm che hanno raccontato degli gnomi, rendendoli protagonisti di alcune loro storie. I Fratelli Grimm immaginano gli gnomi come creature per lo più notturne. Dall’Olanda viene, poi, uno dei libri moderni più famosi sugli gnomi: Wil Huygen e Rien Poortvliet ne hanno approfondito la figura quasi scientificamente con delle meravigliose illustrazioni. Per Tolkien, nelle sue prime opere, quelle giovanili, gli gnomi sono una sottocategoria degli elfi. In epoche più recenti ci sono storie di gnomi, intesi come figure che hanno addirittura una provenienza extraterrestre. Ma questi sono solo alcuni degli autori e dei libri in cui vengono raccontati o citati gli gnomi.

    Le etichette di Josetta Saffirio

    Gli gnomi sono piccoli omini che da sempre sono presenti nelle fiabe per bambini. Gli stessi, famosissimi, sette nani di Biancaneve tutto sommato potrebbero essere considerati come dei piccoli gnomi. Nel mondo della viticoltura gli gnomi sono oramai l’immagine da tutti riconosciuta dei vini di Josetta Saffirio. È stata proprio lei, mia mamma, ad illustrare le etichette dei vini della sua cantina. Memore del ricordo dei racconti che il suo papà, mio nonno Ernesto, le regalava ogni sera sul piccolo gnomo che di notte entrava nella loro cascina sul carretto trainato dai topi. Anche Josetta ha mantenuto negli anni lo stesso spirito un po’ bambino del suo papà, disegnando figure di piccoli gnomi, a sua volta, per noi, i suoi figli.

    I nostri valori raccontati dagli gnomi

    E a pensarci bene, nessuna immagine mitologica forse può illustrare meglio di uno gnomo la filosofia, i valori e le idee che vengono portate avanti dalla nostra famiglia di viticoltori. Lo gnomo riconduce ad un grande legame con la terra, i boschi e più in generale con la natura e la sua magia. Riporta alla mente luoghi incontaminati, in cui vengono rispettati anche gli animali e il loro habitat; in cui le piante diventano una vera ricchezza non da sfruttare in modo violento, ma nel rispetto della ecosostenibilità e della conservazione. Cosa c’è di meglio che sorseggiare un buon bicchiere di Barolo mentre un piccolo gnomo suona un piffero su un tronco di albero? O un calice da una bottiglia di Barbera d’Alba, dalla quale uno gnomo ti guarda allegro mentre ondeggia sulla sua altalena?

     

  • Il profumo del mosto selvatico piemontese

    Il vino: nella sua produzione l’ispirazione culturale e poetica di un mondo rurale ed antico.
    Nel titolo s’insinua sottile la parafrasi di un famoso film di alcuni anni or sono: ‘Il Profumo Del Mosto Selvatico’, diretto dal regista Alfonso Arau, nel quale le storie dei protagonisti principali, Keanu Reeves, Aitana Sánchez-Gijón, Anthony Quinn e l’inossidabile attore ‘made in Italy’ Giancarlo Giannini, intrecciavano storie, amori e passioni all’interno di una fazenda messicana protagonista proprio negli ambiti della vinificazione e viticultura. Tra suoni di mariachi, gelosie, incendi sia nei campi sia nei cuori, l’uva, quest’antico frutto della terra eletto sin dall’antichità pianta generatrice di bevande ed ebbrezze anche tra gli Dei, si pone al centro di una vicenda nella quale proprio il succo mostato dell’uva è ispirazione nel narrare soprattutto una cultura.

    Vinificare è cultura, ovunque nel mondo: dalla regina del settore, l’Europa, alle Americhe statunitensi, messicane, cilene, argentine, all’Asia delle nuove realtà cambogiane, vietnamite, indiane, sino alla lontana Australia nella quale pionieri europei hanno importato i migliori ceppi di viti, producendo ottimi cabernet, barbera, refoschi. Rimanendo all’interno dei set cinematografici, pochi anni or sono anche Ridley Scott ha voluto onorare l’ambiente vitivinicolo con una pellicola di grande fascino, ‘Un’Ottima Annata’, tra dolci colline provenzali e segreti antichi di una Francia rivale e amica nel porgere al mondo la propria cultura d’ambito. Russel Crowe e Marion Cotillard, in quella stupenda pellicola, hanno saputo bruciare, ardere sino in fondo la propria passione proprio tra i filari dei rossi e dei bianchi provenzali.
    Ma se la Francia è tra le regine di botti e bottiglie di qualità, l’Italia non è da meno, anzi, da anni ha superato la rivale transalpina incentivando e promuovendo le proprie eccellenze vinicole con prodotti di grande pregio e valore. Dal vino ideale per i pasti e a buon mercato sino ai gioielli in bottiglia, derivati da invecchiamenti prolungati di annate ritenute eccezionali, l’Italia vinicola ha imposto i suoi brand con grande caparbietà ed investimenti.
    Per quanto meno famosa delle pellicole precedenti, anche il cinema italiano, grazie alla pellicola ‘Barolo Boys’, ha mostrato il volto reale, culturale, significativo dell’universo in bottiglia. Diretto da Paolo Casalis e Tiziano Gaia, scorrendo le immagini sulla voce narrante del top-chef internazionale Joe Bastianich, gli attori Oscar Farinetti e Carlo Petrini hanno interpretato il mondo ‘langarolo’ della produzione del Barolo. Con la loro caparbietà, i giovani viticoltori hanno rivoluzionato il concetto di produzione e distribuzione, mutandone assetti e innovando la merceologia in quegli anni ’80 e ’90 nei quali le Langhe, tra dolci colline così simili alle cugine francesi del Bordeaux o della Provenza, sono oggi un’area eletta e protagonista assoluta nel rivelare al mondo intero il volto eccellente e raffinato di un’Italia tra slow-food e qualità sopraffina.

    Il Piemonte, terra di vini e di perfezioni. Immaginate l’Italia moderna con gli assetti rinascimentali dei ducati e delle contee: in questa allegoria le zone di produzione vinicola assumono le immagini retoriche di araldiche aree nobili. Il Granducato del Chianti, in quell’area che da Firenze a Siena scorre sui colli di un’Italia centrale a ridosso dell’Appennino, con terreni fertili e ricchi di oligoelementi indispensabili per donare ai vini, soprattutto rossi, quegli aromi che ne contraddistinguono le peculiarità.
    Lo stesso vale per il Piemonte, il Regno rivale di quell’ideale Granducato toscano dei vini. Anche nei terreni di Monferrato o Langhe e Roero, le due zone principali della vinicoltura piemontese, le colline, tornite e gentili, i terreni fertili e preziosi nei micro-elementi, sono zone ideali per garantire una qualità sopraffina e prodotti diffusi in ogni angolo del mondo, a volte con prezzi giustamente elevati per le particolarità organolettiche e olfattive all’interno delle bottiglie. Le maturazioni in antiche botti pregiate, le tecniche di coltivazione e vendemmia sono ancora legate alle tradizioni manuali.

    Nel Piemonte di oggi ben sette vini vantano il pregiato titolo di DOCG, un folto gruppetto composto da ulteriori quarantatré vini può fregiarsi del logo di vini DOC. Tutto ciò rimane all’interno di una ricetta vincente da anni, infatti il Piemonte ha saputo mantenere le proprie tradizioni vitivinicole e portare nel terzo millennio la propria cultura del settore senza impedirsi a priori le possibilità di un’industria moderna: un perfetto binomio tra ricerca e conservazione, innovazione e regole antiche da tramandare.
    In questa nicchia d’eccellenza, proprio nell’antichità agricola della zona, si ricercano e trovano le risposte: un vitigno su tutti ha decretato il successo del Piemonte in bottiglia, autoctono e figlio della sua terra, il Nebbiolo. Da questo generoso e importante padre, una schiera di figli regali e nobili hanno sancito Monferrato e Langhe e Roero come terre monarche di vini. I nomi dei figli, i principi in bottiglia, sono ben noti a tutti: il Barolo, il Gattinara, il Barbaresco ed il Ghemme, forse meno noto nella cultura vinicola nazional-popolare, eppure grande eccellenza storica novarese. Le prime notizie di questo rosso scuro risalgono infatti al primo secolo dopo Cristo, vino esaltato dal grande Plinio il Vecchio nella sua ‘Naturalis historia’. Il Barolo sul trono dei vini Ovviamente, per tutta una serie di concause più o meno note, il Barolo, all’interno della corte regale dei figli di sua Maestà Nebbiolo, è il Principe assoluto del territorio di Langhe e Roero, esportato in tutto il mondo, al centro di vere e proprie aste anche tra battitori d’asta di caratura internazionale, simbolo di lusso e qualità al pari del caviale danubiano, dei migliori champagne, dell’anguilla comacchiese.
    Anni fa un top-brend specializzato in strenne di altissimo valore economico, uniti all’interno di una valigetta lussuosa questi prodotti esportandoli e rendendoli sinonimo quasi snob del lusso, ma anche di eccellenza al top.

    Allora alzate l’apposito calice e degustate un Barolo con almeno tre anni (il minimo d’invecchiamento per questo vino) di vita tra botti e bottiglia e lasciatevi conquistare così come ne fu completamente ammaliato Re Carlo Alberto di Savoia o Vittorio Emanuele II, nella cui tenuta di Fontanafredda, s’intrecciarono i profumi di un mosto selvatico tutto italiano, tra passioni sotto le lenzuola e a tavola, ovviamente libando nei lieti calici di un Barolo rosso-granata!

  • Lavoro in campagna, 4 figli e un marito: come sopravvivo

    Non mi sembra vero!
    Sono arrivata a fine giornata e riesco ancora ad avere del tempo per poter raccontare tutto quello che mi è successo. Che sarà stato mai, penserete.
    Già. È esattamente quello che ho pensato stamattina appena sveglia: un’altra giornata da mamma, moglie, viticoltrice, lavoratrice, cuoca… che sarà mai!
    Mi sono alzata e sono andata verso la cucina. Era presto, prestissimo. Passata da poco l’alba. Ho preparato il caffè e ho guardato fuori dalla finestra. Che pace, ho pensato, che tranquillità. Ho visto i filari, mi sono ricordata la dedizione di mia mamma Josetta, l’entusiasmo nel vedere crescere ogni singolo chicco d’uva. Il cinguettìo degli uccelli, i primi raggi del sole, quel fiore colorato che ieri non c’era e oggi è lì appena sbocciato. Che bello questo silenzio. Me la sono goduta, lo ammetto: stamattina mi sono goduta la totale assenza di rumori che mi distogliessero l’attenzione dalla bellezza della natura che ci circonda. La quiete prima della tempesta.

    Poi ad un certo punto in lontananza ecco il primo tuono: sento il rumore di un porta che si apre, la cameretta dei bambini. Ci siamo. 3-2-1… mammaaaaaa!

    È così che anche oggi ha iniziato a girare la grande giostra della mia giornata. Che sarà mai, giusto?! Oggi abbiamo pensato di far un super pic nic. Passare il tempo con mio marito e i miei figli, vedere la nostra famiglia che cresce allegramente nella natura, pensare che sto costruendo qualcosa per loro proprio come mio nonno prima e mia mamma dopo ha fatto con me. No, non vorrei niente di diverso.

    E quando impari a capire questo e impari a goderti gli affetti, i valori della vita, come il rispetto e la fiducia in famiglia come sul lavoro, ti accorgi che tutto ha un sapore e un profumo diverso. O forse per la prima volta ti accorgi di quante cose, che prima non vedevi nemmeno, ti danno una carica e un’energia mai vista. Ma solo se prese nel modo giusto. Ad esempio, stamattina preparavo la colazione ai piccoli. Uno di loro si è rovesciato la tazza di latte e cioccolato addosso. I casi come questi li puoi affrontare in tanti modi diversi. Ti arrabbi perchè tuo figlio non ha fatto attenzione. Ti innervosisci perchè pensi a dover ripulire il disastro.

    Oppure, ed è il modo che ho scelto io, ti fermi sorridi al tuo piccolo che ti guarda mortificato, e sai che basta quel tuo sorriso conciliante per farlo scoppiare in una fragorosa risata e tu con lui, e gli altri 3 con voi. E il suono della risata attira l’attenzione di tuo marito che arriva e ti da’ il bacio del buongiorno. E la giornata ha inizio, mentre ci vestiamo e siamo pronti a portare i bambini in giro alla ricerca di erbe aromatiche, attraverso le tracce lasciate dagli animali che vivono la natura come facciamo noi, come piace fare a noi. Come è assolutamente giusto che sia. Vederli correre, stando attenti a non calpestare i funghi, mostrar loro le coccinelle, andare alla ricerca dei quadrifogli in questo giorno assolato e caldo delle cose belle di cui siamo circondati.

    Non sto qui a raccontare in che condizioni siamo tornati a casa dopo un’intera giornata in giro! Ma anche in questo caso, tra i giochi, le prese in giro e i rumorosi gridolini di allegria, ci siamo fatti un bagno pieno di schiuma e di bolle sapone. E poi stanchi e distrutti, abbiamo messo i bimbi a dormire, non prima di aver raccontato loro la storia della gnometta e del suo migliore amico, un piccolo merlo. Ed ora eccomi di nuovo qui. Il suono quieto dei loro respiri da sonno sereno, mi danno tutta la gioia e tutta la forza di questo mondo. Mi sa che sto facendo la cosa giusta.

    Ora spengo la luce e mi addormento anche io felice.

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  • Conosci Matteo Morra?

    Conosci Matteo Morra? Scopri di più sullo chef dei nostri show cooking e cooking class!

    Oggi vi voglio parlare di Matteo Morra, lo chef che collabora con me in cantina organizzando cooking class e show cooking. Abbiamo partecipato a diversi eventi insieme, lavorando sempre in grande armonia, ma ripensandoci non ho mai avuto una vera occasione per sedermi a chiacchierare con lui. Per questo motivo, la scorsa settimana l’ho invitato a bere un bicchiere di vino in cantina, e ho colto l’occasione per scoprire qualcosa in più su di lui e sulla sua esperienza.

    Voglio rendervi partecipi delle sue parole e della sua esperienza, che mi ha stupita molto, così come sono sicura stupirà voi!

    Buona lettura!

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  • Le Cantine dei Bambini e i balocchi di Renato

    Oggi vi voglio presentare Renato Priolo, imprenditore, artigiano, creatore di giocattoli in legno e nostro collaboratore, durante gli eventi per i più piccoli.

    Ci accomuna l’impegno verso il turismo dedicato ai bambini, troppo spesso preso sotto gamba.
    Da mamma di quattro bimbi, so quanto è difficile intrattenere i bimbi.
    É nato così il progetto “Le Cantine dei Bambini“, ideato insieme ad altre 3 mamme imprenditrici vinicole.
    Di Renato amo la sua spontaneità, le sue mani da artigiano e la sua voglia di raccontare una storia.
    Buona lettura!

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